L’house organ, strumento per migliorare la brand reputation

L’house organ, il giornale aziendale, è passato di moda con l’avvento dei social media? L’house organ è un periodico pubblicato da un’azienda che ha per oggetto prevalentemente notizie relative all’azienda stessa. Il suo obiettivo è informare i dipendenti e i collaboratori circa le iniziative che l’impresa sta portando avanti ed è un mezzo importante per rafforzare la coesione aziendale e non solo quella. Molti ritengono che i social media siano andati a sostituire le riviste aziendali attraverso la pubblicazione delle principali notizie dell’organizzazione sui suoi canali social ufficiali come sito web, pagine social, mail aziendali, news letter.

Ma l’house organ ha ancora un suo perché: permette di mettere ordine e racchiudere in un unico strumento le informazioni ritenute importanti, comunicando sia con l’intero team di dipendenti sia con gli investitori, i fornitori, i clienti, le comunità locali, i media e le istituzioni. Sul magazine aziendale cartaceo, così come su quello online, va però costruito un progetto e definita una linea editoriale: va deciso a chi si rivolge, con quale format e obiettivi, quali contenuti veicolare, con quale periodicità, come sarà distribuito, in che modo verificare il raggiungimento degli obiettivi. La collaborazione con esperti del settore, giornalisti e grafici, è fondamentale; saranno loro a occuparsi della stesura e controllo dei testi e dell’impaginazione, del controllo bozze. Inoltre è necessario tenere presente che una rivista cartacea va sempre  registrata presso il Tribunale della città dove opera l’azienda attraverso un procedimento ben definito che individua un direttore responsabile, che deve essere un giornalista, e tutti i dati relativi alla periodicità e stampa.

Il caso di Innovare, la rivista di Er Lux

Er Lux è una società di Forlì che opera nel campo dell’efficienza energetica su tutto il territorio nazionale, con uno staff di oltre sessanta addetti. Con Archimedia, società di comunicazione di Forlì, con cui collaboro, abbiamo definito di creare per Er Lux una rivista cartacea di alta qualità di informazione sui temi dell’efficienza energetica ed energie rinnovabili, con una periodicità trimestrale e un formato ampio di 25×34 centimetri. In ogni numero vengono presentati i progetti su cui l’azienda sta lavorando o che ha concluso, interviste ai responsabili di progetto, agli architetti di riferimento, ad alcune società sportive che l’azienda sostiene e con cui collabora.

Per esempio il sommario del numero di dicembre 2022 ha previsto: intervista all’amministratore unico Emanuele Rinieri sul bilancio di fine anno, presentazione del calendario Er Lux 2023 con testi della sottoscritta sulle idee che hanno cambiato il mondo, testo tecnico sulle certificazioni aziendali, testi giornalistici e interviste sulle aziende che si sono servite di Er Lux per migliorare la propria efficienza energetica, testo sulla partnership con la società di rugby forlivese Rugby Forlì 1979. Ai testi dei professionisti giornalisti si affiancano articoli di carattere più tecnico redatti da specialisti dell’azienda. Non mancano articoli sugli accordi esteri dell’azienda, o altri in cui vengono raccontati interventi di recupero edilizio o articoli sul turismo, sempre tenendo come focus gli efficientamenti energetici. Il numero di giugno 2022 ha previsto l’inserimento di articoli sugli spettacoli previsti sulla riviera romagnola durante l’estate ed è stato distribuito anche in oltre 700 stabilimenti balneari, oltre che ai duemila clienti, andando così a raggiungere un pubblico maggiore.

Nonostante l’house organ sia cambiato nel tempo – le grandi aziende del Dopoguerra come Finmeccanica, Pirelli, Olivetti, si avvalevano spesso di contributi di intellettuali –, credo che rimanga uno dei migliori modi per un’azienda di raccontarsi e comunicare i propri valori alle persone che già la conoscono e anche a chi ancora non la conosce, che attraverso la rivista può scoprire nuove realtà.

 

 

 

 

Giornalismo e sociologia, cos’hanno in comune?

All’interno della piattaforma per la formazione obbligatoria dei giornalisti c’è un interessante corso, condotto dal professor Sergio Splendore, che mette a confronto giornalismo e sociologia e lo strumento principe delle due discipline: l’intervista. Se il giornalismo è nato prima della sociologia – che appare solo tra Ottocento e Novecento – ciò che accomuna i due approcci è quello Mills chiama “sguardo sociologico”, una condizione che, seppur identificata da un sociologo, non appartiene soltanto a lui: si tratta di avere ciò che consente di afferrare biografie e storie, il loro rapporto in ciò che viene raccontato, che permette di osservare un piccolo pezzo della realtà e applicarlo poi alla complessità del reale. Questo sguardo sociologico è una qualità della mente, mette in relazione micro e macro, individuale e collettivo. Sia la sociologia che il giornalismo, dunque, hanno a che fare con persone, devono saperle individuare e interagire con loro: il giornalismo semplifica percorsi complessi raccontando spesso storie individuali, la sociologia riconduce fatti privati a questioni pubbliche.

 

Definizione sociologica di giornalismo

Secondo uno dei padri della sociologia, Emile Durkheim, i fatti sociali vanno considerati come cose e le cose non sono solo oggetti, ma anche le relazioni sociali, costumi, norme. E vanno spiegati con altri fatti sociali.  Un altro sociologo, Max Weber, inaugura un filone di sociologia che va a indagare e riflettere sulle azioni individuali cercando di capire l’agire sociale. Se volessimo dare una definizione sociologica di giornalismo potremmo dire che esso è il lavoro di un insieme di istituzioni (redazioni e fonti) che rende periodicamente pubbliche (temporalità) delle informazioni (i fatti e i commenti) su eventi contemporanei normalmente presentati come veri. Esso non si occupa di storia, ma di ciò che le sta intorno. La sociologia, invece, è lo studio della società costituita da individui e istituzioni che interagiscono; cerca di comprendere le relazioni che si creano per organizzare al meglio la vita, ciò che si chiede è come si sviluppa la società.

 

Punti in comune

Entrambe le discipline hanno in comune la vastità dell’ambito di azione – esistono i giornalismi, così come esistono le sociologie. Sono entrambe interessate ai processi e alle dinamiche della società. La sociologia è interessata anche alle interazioni quotidiane e alle grandi relazioni, andando a collegare  piccoli fatti con ciò che è di interesse pubblico. Sono accomunate dall’apporto

critico che forniscono e dal fatto che producono conoscenza attraverso al scrittura di testi e informazioni. Spesso il giornalista, così come il sociologo, si spinge a fare interpretazioni. La sociologia semplifica la complessità e cerca di dare delle linee generali.

 

Cosa le separa

Mentre il giornalista è interessato all’eccezionale, la sociologia si interessa a ciò che è quotidiano e continuo, studia il senso comune. Se il giornalista spesso raccoglie i fatti e poi costruisce delle ipotesi, la sociologia procede al contrario: prima, dopo aver studiato la bibliografia in sull’argomento, costruisce le ipotesi, poi raccoglie i dati e verifica le ipotesi.

 

La raccolta dati

Il giornalismo ha bisogno di fonti (persone, uffici stampa, report, rete), e la sociologia ha bisogno di dati, quantitativi o qualitativi: per esempio le altre ricerche fatte e la letteratura che è stata prodotta sull’argomento di indagine. Usa sia dati numerici che qualitativi ed è tenuta a raccogliere le informazioni in modo rigoroso: è questo che la fa diventare scienza. Può trattarsi di dati scritti o parlati, con l’osservazione delle relazioni sociali e dei comportamenti, o anche di racconti fatti da persone coinvolte nella ricerca. Ed è qui che arriviamo al metodo più utilizzato da giornalismo e sociologia: l’intervista.

 

L’intervista sociologica e l’intervista giornalistica

Ci sono vari tipi di intervista sociologica. C’è quella narrativa, dove il sociologo lascia spazio al racconto parlando con la persona di interesse. C’è l’intervista semi-strutturata, che viene fatta a più soggetti che ricoprono lo stesso campo di ricerca e rispondono a una griglia di domande aperte per comprendere le rappresentazioni delle persone. Oppure c’è l’intervista strutturata, che si fa con questionario di domande chiuse, come quello che si utilizza per esempio per il censimento della popolazione. In questo caso sono fondamentali gli aspetti relazionali che si attivano tra intervistato e sociologo che non deve mai essere direttivo. Il giornalista, invece, attraverso l’intervista, cerca di sapere la verità, intervista diverse persone con ruoli diversi per appurare la ricostruzione dei fatti.

Alla sociologia non interessa la verità, ciò che vuole indagare è la percezione della persona. La differenza sta nel metodo e nel tipo di domande che vengono poste. Se quelle del giornalista possono essere anche veloci e incalzanti, quelle sociologiche sono più aperte alla discussione. E ciò che è diverso è proprio il setting dell’intervista. Il giornalismo non sempre può spendere tanto tempo nel contesto che indaga, ma a volte lo fa: per esempio nei reportage di guerra dove dà la notizia ma si cerca anche di rendere l’atmosfera osservando i contesti. In sociologia il setting è importantissimo

 

Deontologia professionale

E veniamo alla deontologia. Sia sociologia che giornalismo osservano e provano a non turbare gli equilibri del gioco; entrambi hanno delle linee guida etiche riconosciute a livello internazionale. In tutte e due i campi è necessario proteggere la privacy degli intervistati; la tutela delle fonti è la pietra angolare della libertà di stampa e anche il sociologo è tenuto a eliminare le relazioni tra il dato raccolto e le persone che hanno fornito le risposte. Certo, nell’intervista faccia a faccia è più difficile, ma si cerca comunque d minimizzare l’impatto. Il ricercatore deve sempre ottenere il consenso informato; è, il suo, un lavoro più invisibile di quello del giornalista, ma egli è comunque tenuto a essere affidabile e a raccontare il metodo che usa. Sforzandosi di non avere pregiudizi e di rimanere imparziale.